Torino - Museo Nazionale del Cinema
11.10.2023 – 7.04.2024
All’interno dell’affascinante Mole Antonelliana, il Museo del Cinema ospita una grande retrospettiva di uno dei più iconici registi dei nostri tempi.
Un viaggio nell’universo visionario e nella genialità di Tim Burton: il nucleo principale dell’esposizione si concentra sull’archivio personale del regista, mostrando un'incredibile varietà della sua produzione creativa. Non solo quindi preziosi documenti ma anche disegni e bozzetti con i temi e i motivi visivi ricorrenti da cui hanno preso vita i personaggi che caratterizzano i mondi cinematografici distintivi del regista.
Tim Burton è uno di quei pochi registi di cui la sua distinta visione estetica è diventata così immediatamente e universalmente riconoscibile tanto da essere definita con uno specifico aggettivo “Burtonesque” ("burtonesco").
Il suo stile unico è il risultato di un approccio soggettivo, intimista e riflessivo. Il suo subconscio caratterizza le sue creazioni piene di emozioni e legami personali.
Tim Burton è un’artista multimediale che spazia dalla regia, all’illustrazione, alla pittura, alla scrittura e alla fotografia non limitandosi a singoli media o formati.
Difficile da inserire in rigide categorie la sua filmografia e le sue opere si caratterizzano per la presenza di dicotomie e ricomposizioni; per l’interazione di generi apparentemente lontani come l’humour e l’horror; il conflitto tra l’infanzia e l’età adulta la contrapposizione dell’immaginazione e del cinismo e infine il tema più importante e ricorrente di Tim Burton l’immaginario del “reietto incompreso” isolato nei suoi pensieri spesso un mix di uomo, creatura e macchina.
La mostra si apre letteralmente entrando all’interno della bocca di uno dei suoi eccentrici mostri e come Alice entra nella tana del bianconiglio, così noi entriamo nella singolare immaginazione visiva dell’artista una sorta di autobiografia raccontata attraverso il suo processo creativo.
La prima sezione ci mostra l’inizio del processo creativo con disegni realizzati sui quaderni o suoi tovaglioli di hotels e ristoranti che raccolgono l’impulso della sua creatività irrequieta mentre si trovava in giro per il mondo per scegliere le locations dei suoi film, per la presentazione delle sue opere o per festival cinematografici. In questi schizzi fissa le percezioni dei luoghi e delle persone incontrate con tratti onirici e iperrealistici.
Si continua con le sue opere infantili e adolescenziali e per comprendere il suo percorso bisogna conoscere i suoi inizi.
Tim Burton nasce nella città californiana di Burbank con la quale crea una relazione contrastante: mentre Burbank era solare e socievole il giovane Tim era umorale ed interessato a tutto quello che era macabro e dark.
Mentre gli altri bambini giocavano a palla o andavano in bicicletta, lui preferiva girare per cimiteri e visitare i musei delle cere.
Dalla tenera età mostra interesse per i film dell’orrore, per i film di fantascienza, per i film di mostri giapponesi (kaiju), per il cinema espressionista tedesco, per i maestri dell’animazione stop- motion George Méliès e Ray Harryhausen e per il suo idolo il maestro della suspense Vincent Price.
Tim Burton sembra assorbire tutte queste influenze nella sua arte, mostrando una propensione alle caricature esagerate e per le illustrazioni influenzate dalla cultura della pop art che va dalla pubblicità, ai libri illustrati per bambini ai fumetti.
All’età di 15 anni, vinceva concorsi artistici locali, filmava eccentrici pellicole 8mm intorno al suo vicinato, e creava un libro illustrato per bambini, “Il gigante Zlig” che sottopose all’attenzione dei produttori di Walt Disney.
La Disney rigettò la pubblicazione ma lo accompagnò con note di incoraggiamento che lodavano il suo lavoro ancora acerbo: “Considerando una mancanza di mezzi e materiali la tua arte è molto buona. I personaggi sono accattivanti e immaginativi e c’è una sufficiente varietà per sostenere interesse.” Questo sarà l’inizio di una lunga e a volte controversa relazione con la Disney.
Dopo essersi diplomato si iscrive al prestigioso Istituto d’arte della California (CalArts), istituto inteso da Walt Disney specificamente per educare una nuova generazione di animatori.
Alla CalArts, Burton animò diversi corti e sviluppò il suo tipico stile da illustratore con personaggi con esagerate caratteristiche fisiche, disarticolati, con lunghi capelli ricci e occhi rotondi e grandi.
Tim Burton ritrae la realtà fisica non come appare ma come la percepisce personalmente attraverso una distorsione della prospettiva e della figura umana. Le sue caricature sono espressioni soggettive del suo dialogo interiore caratterizzato da un’immaginazione sfrenata.
Burton ottenne di lavorare come apprendista animatore da Walt Disney ma per il suo personale stile atipico fu relegato a lavori di arte concettuale.
Quest’esperienza durata quattro anni lo aiutò a consolidare il suo stile con quelle strane forme allungate delle persone, il tocco gotico, sentimentale e bizzarro che lo porterà a uno dei suoi primi importanti lavori il corto Vincent, che omaggia il suo idolo di gioventù l’attore di film horror Vincent Price, realizzato con l’innovativa tecnica dello stop motion, che cattura singoli fotogrammi.
Da questo momento e per i prossimi decenni, Tim Burton creerà una serie di film iconici, tra i più famosi: Beetlejuice-Spiritello porcello (1988); Batman (1989); Batman- Il Ritorno (1992); Edward mani di forbice (1990); The Nightmare Before Christmas (1993), che ideò e produsse ma lasciò la regia al suo alunno Henry Selick; Mars Attacks! (1996); Il mistero di Sleepy Hollow (1999); Il pianeta delle scimmie (Planet of The Apes) (2001), Big Fish (2003); La fabbrica di cioccolato (Charlie and The Chocolate Factory) (2005); La sposa cadavere (2005); Sweeney Todd: Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007); Alice in Wonderland (2010), Big Eyes (2014), Dumbo 2019 e la serie Mercoledì (Wednesday 2022). Nonostante la maggior parte di questi film siano live action continuano a sviluppare ed espandere il suo personale ed unico stile.
Nell’arte e cinematografia di Burton ha avuto una profonda influenza l’Espressionismo, specialmente quello tedesco degli anni Venti del Novecento, impregnato dell’allora nuova scienza, la psicoterapia, creava una realtà onirica, trasportando lo spettatore dentro la mente di qualcun altro e creando tensione psicologica.
Tra le caratteristiche dell’espressionismo ci sono i fondali e i paesaggi fortemente esagerati con contrasti di colore e di luce elevati - in genere basandosi pesantemente sull'uso di ombre e sagome per aumentare una sensazione di tensione o terrore. Le scene con i bordi dentellati e alternativamente arrotondati, inclinati, o spazi visivamente disgiunti, sono un altro elemento chiave.
Un senso generale di distorsione visiva, l'uso di contrasti cromatici a selezione, forme architettoniche incombenti e un senso generale di smarrimento, sono tutte parti chiave dell'estetica che formano componenti di base di un aspetto "burtonesco".
Un’altra grande influenza sul regista è la festività messicana del giorno dei morti accompagnata da scheletri e maschere dei morti, le calaveras, e le calacas.
Ripensando al protagonista scheletro di Nightmare Before Christmas, Jack Skeletron, ma soprattutto a Emily la romantica Sposa cadavere, entrambi sono raffigurati come delle calaveras che camminano.
Lo stile principale di Burton è il gotico quello artistico, architettonico ma anche quello di Vincent Price, di Edgar Allan Poe, degli scheletri e dei cimiteri.
Da artista maturo, le opere di Tim Burton sposarono il suo amore per il surreale nelle sue storie che strappano via la banalità della vita di tutti i giorni.
Vincent è un ragazzo normale che nutre il suo amore per il grottesco in un quartiere calmo e normale. Sweeney Todd vede un serial killer aprire un rispettabile negozio da barbiere, in Edward Manidiforbice, la casa spettrale di Edward è inserita in un tipico quartiere americano, mentre la scuola di Mercoledì una dark academy si trova in uno sperduto e normale paesino americano.
Questi contrasti si vedono ancor meglio in Beetlejuice, dove l’intero film è basato sulle sorprese sinistre che si possono presentare nel vostro idilliaco vicinato.
Questo suo uso di temi contraddittori si ritrova anche nella dicotomia della commedia e horror.
Il suo immaginario di lingue che si attorcigliano, occhi che escono dalle orbite, maschere, giullari, clown spesso accompagnati da giochi di parole adduce a questa dicotomia e crea il concetto del “carnevalesco”.
Salendo nella visita della mostra la presentazione unica dell'opera del regista e la sua visione unica che trascende i mezzi e i formati, rendono chiaro come idee, temi e persino alcune immagini specifiche della sua arte siano finite nei film più iconici che oggi associamo allo sfarzoso spettacolo cinematografico.
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