Nelle splendide sale di una delle più importanti dimore nobiliari barocche della Città di Torino, Palazzo Barolo, si è tenuta la mostra evento da Monet a Picasso che ha presentato alcuni dei capolavori della Johannesburg Art Gallery del Sud Africa.
La mostra ha esibito le opere originali dei maggiori protagonisti della storia dell’arte di tutti i tempi: Monet, Signac, Courbet, Degas, Cézanne, Sisley, Derain, Picasso, Matisse, Rossetti, Modigliani, Bacon, Warhol, Lichtenstein e Kentridge.
Sede della più grande collezione nell’emisfero meridionale, la Johannesburg Art Gallery (JAG), con più di 9000 opere d’arte, espone solo il 10% delle sue collezioni nelle 15 sale del museo mentre il resto viene tenuto a rotazione nei magazzini o prestato per mostre.
Il primo nucleo del museo fu assemblato da Sir Hugh Lane ed esibito a Londra nel 1910 prima di essere portato in Sud Africa.
Fu Lady Florence Phillips, una collezionista d’arte e moglie di Lionel Phillips finanziere sudafricano di origine britannica, magnate minerario e politico, a costruire la Galleria con fondi donategli dal marito.
Nel 1892, Lionel era stato eletto presidente della Chamber of Mines, acquistando sempre più potere e perseguendo interessi politici che sfoceranno nel coinvolgimento personale nel “Jameson Raid”, il fallimentare tentativo britannico di sovvertire il governo sudafricano. Consegnatosi alla giustizia per chiedere la grazia, Phillips venne invece condannato a morte, ma dopo sei mesi di prigionia venne liberato e costretto all’esilio in Inghilterra. Florence, che fino ad allora aveva viaggiato molto, tornò in quell’occasione accanto al marito e lo seguì a Londra. in una casa di Grosvenor Square.
Fu qui, nella capitale inglese, che lady Florence iniziò a maturare un certo interesse per l’arte cominciando ad acquistare varie opere di artisti di quell’epoca, tra la fine Ottocento e l’inizio del Novecento.
Tra i diversi pittori, dei quali Lady Phillips comperò le opere, troviamo alcuni esponenti dell’Impressionismo, come Claude Monet, Camille Pissarro, Edgar Degas, Alfred Sisley ma anche gli italiani Giovanni Boldini e Antonio Mancini che la immortalarono in bellissimi ritratti, e Dante Gabriel Rossetti, Amedeo Modigliani, Vincent Van Gogh e Pablo Picasso.
Il desiderio di Florence Phillips, una volta cominciata la raccolta, divenne quello di prodigarsi per il suo lontano Sudafrica dove aveva intenzione, appena fosse stato possibile, di ritornare con il marito.
A tal scopo progettò un museo che avrebbe dovuto contenere le opere che lei man mano raccoglieva.
Nel 1906 la coppia si stabilì a Johannesburg dove, per l’appunto, prese corpo la Johannesburg Art Gallery JAG sotto la supervisione di Hugh Lane, che affiancò la nobildonna nella scelta degli artisti da selezionare e delle opere da acquistare e ne divenne il primo direttore.
Lady Florence aveva intuito il potere dell’arte, non solo a livello culturale ma anche sociale perché era convinta che essa potesse rivelarsi un utile strumento a favore della popolazione locale, soprattutto quella meno abbiente. Per questo la Johannesburg Art Gallery fu resa da subito una galleria pubblica, seppur di stampo internazionale.
La struttura fu inaugurata nel 1910 ma fu solo nel 1940 che divenne il primo museo Sud Africano ad acquistare un’opera di un artista di colore “Yellow Houses” (Le Case gialle) di Gerard Sekoto e iniziando a colmare quella lacuna di artisti locali che permise di far conoscere l’arte africana agli europei ma anche attraverso l’arte di combattere il razzismo imperante nella terra dell’apartheid.
Questo fu un processo molto difficile nella sua realizzazione e per maggiori acquisti di opere di artisti locali si dovrà attendere più di 32 anni, solamente negli anni 70 del Novecento.
La mostra esibiva nella prima sala la scena pittorica inglese dell’Ottocento, molto presente nella collezione del museo non solo per il legame strettissimo della società che ha dato vita alla Art Gallery con gli ambienti britannici, ma anche perché alcune donazioni hanno ulteriormente arricchito la collezione con opere vittoriane e preraffaellite.
Ad aprire si trovava uno dei pittori che fu più in voga nel periodo vittoriano Lawrence Alma-Tadema, famoso per i suoi ritratti in stile egiziano, greco e romano che si ispirano ad un classicismo di maniera e accademico ma con un’accurata ricostruzione archeologica.
L’opera La morte del primo figlio del 1858 è una raffinata e malinconica scena ambientata in un oscuro e immaginario Egitto, dove la tragedia personale del faraone e della moglie è resa senza toni patetici, ma con grande attenzione al silenzio e alla rassegnazione della scena.
Seguiva il protagonista della pittura romantica inglese William Turner che impiega il paesaggio per raccontare la potenza e il sublime della natura. Qui è presente con un acquarello rappresentante il paesaggio montano ed il castello in Hammerstein sotto Andernach.
Poi si trovano due tra i maggiori esponenti Preraffaelliti: John Everett Millais e Dante Gabriel Rossetti.
Millais con l’opera Stitch! Stitch!! ci propone un ritratto intimo di sua moglie Effie Gray, distratta mentre è nell’atto di cucire ed è colpita da una luce diafana che ne risalta i bellissimi occhi azzurri e la delicatezza del suo volto.
Dante Gabriel Rossetti ritrae nel piccolo quadro Regina Cordium (Regina dei Cuori) la sua novella sposa Elisabeth (Lizzie) Siddal.
Lizzie Siddal fu la modella preferita di alcuni dei più famosi preraffaelliti perché impersonava perfettamente la loro idea di femminilità. La ritrassero Hunt e Millais che la immortalò nella famosa Ofelia, ma fu modella fissa e allieva di Dante Gabriel Rossetti, di cui si innamorò e che sposò nel 1860.
Regina Cordium segna anche il primo lavoro che ritrae Lizzie con il nuovo stile di Rossetti sperimentato in Bocca Baciata, raffigurante singole donne, ritratte dal busto in su, circondate da fiori, gioielli e altri oggetti simbolici.
Regina Cordium imita il design delle carte da gioco con lo sfondo dorato riempito da cuori rossi.
Il fiore che tiene in mano, la viola del pensiero, era simbolo del pensiero degli innamorati in epoca Vittoriana forse simbolo della fragilità di Lizzie dovuta alla salute cagionevole e alla depressione, che l’avrebbe portata al suicidio due anni dopo per una dose di laudano.
La seconda sezione della mostra ripercorre invece la scena francese dell’Ottocento: Millet, Corot, Guillaumin, Fantin-Latour, i paesaggi marini di Eugéne Boudin e Johan Barthold Jongkind, Edgar Degas (Le ballerine), Claude Monet (La Primavera) e Alfred Sisley.
Sisley ritrae il lungo Senna nella sua opera Sulla Riva del fiume a Veneux che testimonia la straordinaria sensibilità del pittore per il dato atmosferico, reso con una tavolozza dalle nuances raffinate e costruito su tagli compositivi ben strutturati e definiti. Il poeta Stéphane Mallarmé, colto intenditore d’arte scrive di lui “Sisley coglie il momento fugace della giornata, guarda le nubi mentre passano e sembra ritrarle nella loro fuga, sulla sua tela l’aria è viva e mobile e le foglie sembrano ancora scosse da un tremito”.
Seguono le opere dei postimpressionisti, oltre a personalità come Cézanne e Van Gogh, anche artisti come Signac, Vuillard, Bonnard e altri.
La terza sezione presentava il più recente nucleo novecentesco del museo, con i pittori della scena del primo Novecento: da Derain a Picasso, da Modigliani a Matisse.
Il percorso proseguiva poi nel secondo dopoguerra, con opere di importanti maestri della scena internazionale, i britannici Francis Bacon e Henry Moore, e i due protagonisti della pop art americana Roy Lichtenstein con Blonde e Andy Warhol, di cui si presenta il trittico dedicato a Joseph Beuys.
A chiudere idealmente la mostra è la sezione che indagava l’arte sviluppata in Sudafrica nel Novecento.
In particolare si possono ammirare le opere di Kentridge, Maggie Laubser, una delle esponenti dell’espressionismo sudafricano e i lavori di Maude Sumner, Selby Mvusi e George Pemba, pittori dai forti interessi per il sociale che raccontano le tradizioni del paese, ma anche la vita urbana e la realtà dell’Apartheid.
George Pemba in Kwa Stemele dipinge un ritrovo illegale di un gruppo di africani, che si incontrano per ballare e suonare, nonostante fosse loro vietato.
L’esposizione ha consentito al pubblico di scoprire l’affascinante storia della Johannesburg Art Gallery e di poter vedere opere difficilmente accessibili come ha affermato Vuyisile Mshudulu, direttore Arti, Culture e Tradizioni Città di Johannesburg: “Questa mostra non fa eccezione: è un modo per il Sudafrica, e in particolare per la città di Johannesburg, di mettersi in comunicazione con altre città del mondo attraverso questa prestigiosa collezione d’arte”.
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