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  • Immagine del redattoreRomina Rosso

Boldini De Nittis et Les Italiens de Paris

Aggiornamento: 7 apr


Giovanni Boldini, Place Clichy, 1874, particolare, Enrico Gallerie dell'Arte, Milano

Novara, Castello Visconteo Sforzesco, 4 Novembre 2023 - 7 Aprile 2024


Al castello di Novara è stata messa in scena la bellezza parigina della Belle Époque e l’impatto che ha avuto sugli artisti italiani.

Parigi agli inizi del XX secolo era considerata la città più affascinante al mondo, dallo spirito elegante, esuberante e romantica.

Città alla moda che attirava i più importanti artisti, scrittori e pensatori dell’epoca e dove tantissimi movimenti artistici e culturali furono inventati.

Gli artisti erano attratti da Parigi perché era il principale polo della cultura del secolo: da un lato desiderosi di confrontarsi con la cultura figurativa d’Oltralpe ed internazionale e dall’altro di ampliare il proprio mercato oltre confine con importanti commissioni sia pubbliche che private.

Uno dei primi a scegliere la Francia come patria d’elezione fu il veronese Giuseppe Canella (1788-1847), e tra i primissimi ad immergersi a dipingere dal vero nella fitta foresta di Fontainebleau e a proporre i propri lavori al Salon del 1827. Quattro degli otto dipinti esposti in quell’occasione furono acquistati dal Duca Luigi Filippo d’Orleans, il futuro sovrano, e oggi sono nelle collezioni del Musée Carnavalet.

Qualche anno più tardi, solo per fare qualche nome, sarà la volta di Gabriele Smargiassi (1798-1882), di Consalvo Carelli (1818-1900), considerato il paesista più à la page della società aristocratica del regno di Luigi Filippo, di Giuseppe Palizzi (1812-1888). Palizzi si affermerà come uno dei maggiori peintre animalièr, nel 1859 verrà insignito della prestigiosa Légion d’honneur e per tutti gli anni Sessanta sarà il punto di riferimento per molti degli artisti italiani che arriveranno a Parigi.

Con la nascita delle prime Esposizioni Universali, città come Londra (Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations, 1851) e Parigi (Exposition universelle des produits de l’agriculture, de l’industrie et des beaux-arts, 1855) attiravano milioni di visitatori da tutta Europa e diventarono il centro nevralgico del mercato internazionale dell’arte contemporanea.

Partecipare ai Salon o alle più complesse Esposizioni Universali conferivano grande prestigio agli artisti che vincevano medaglie o premi da esibire orgogliosamente, come forma di autopromozione e la visibilità guadagnata era notevole con cifre di afflusso di pubblico impressionanti per l’epoca.

Per questo a Parigi nacquero in questo periodo i primi mercanti di arte contemporanea che offrivano una retribuzione regolare e garantita, e puntavano sull’artista e sulla sua personalità offrendo un’esclusività e assicurando quel bisogno finanziario di cui i giovani pittori e scultori avevano bisogno.

La prima sala è un confronto dal ritmo serrato e stimolante di un gruppo di pittori italiani fuggiti a Parigi per inseguire un sogno artistico e conquistare un mercato internazionale.

A Parigi tutti questi giovani artisti devono adeguarsi rapidamente al gusto del collezionismo borghese un gusto variegato in un mercato vitale ma spietato in cui era fondamentale adattare la propria offerta alla domanda.

In quegli anni faceva da mattatore il catalano Fortuny, amatissimo dai collezionisti per quella seducente pittura in costume ideata e portata al successo da Meissonier. Queste piccole scene di genere piene di dettagli ambientate nel XVII e XVIII secolo erano vendute a cifre da capogiro. Nella mostra possiamo vedere Mosè Bianchi che dopo il suo soggiorno a Parigi si cimenta con questo stile nel Les enfants de choeur dipinto per il mercato francese e affidato al suo mercante Goupil. Nello stesso genere rientra anche Giovanni Boldini specialmente per accontentare i suoi collezionisti americani e lo faranno avvicinare al mercante Goupil così si possono ammirare le divertenti Vecchia Canzone e Due signore con pappagallo.


Mosè Bianchi, Les enfants de choeur, 1870 Enrico Gallerie d'Arte, Milano
Giovanni Boldini, Due signore con pappagallo, ca. 1873, Gallerie Maspes, Milano



















Altro filone ricercato è l’orientalismo collegato al mondo dell’Islam, alla Palestina e all’estremo oriente.

Artisti come Alberto Pasini hanno viaggiato e visto realmente quello che rappresentano essendo stato in Persia Egitto, Armenia, Palestina, Turchia e Libano


Alberto Pasini, Un marché à Constantinople, 1874, collezione privata

Il suo non è un oriente tratto da suggestioni letterarie ma è vissuto in prima persona. Qui in mostra in Un marchè á Constantinople Pasini ci restituisce uno spaccato vivido e reale di quei luoghi nel quale ci illude di percepirne i rumori e i profumi.

L’oriente evocato e di fantasia è quello del napoletano Edoardo Tofano con la sua bellissima Passeggiata sul Bosforo con questa raffinatissima donna velata o l’estremo oriente di Eleuterio Pagliano con Giapponese che riprende stampe giapponesi, molto in voga in quell’epoca ma allo stesso tempo mostra una grande ammirazione per l’arte nipponica, come il kimono decorato con aironi e fiori di pesco e il grafismo floreale della parete di fondo punteggiata di giallo a richiamare la tecnica dell’”oro sparso”.




Edoardo Tofano, Passeggiata sul Bosforo, ca 1879, collezione privata
Eleuterio Pagliano,Giapponese, 1874, Galleria d'Arte Moderna, Milano

Domenico Morelli, anche lui affascinato dall’oriente, a differenza di Pasini non lo visiterà ma lo studierà approfonditamente attraverso i Vangeli, il Corano, la via di Maometto di Washington Irving, la Vita di Gesù di Ernest Renan e tramite lo studio del nuovo mezzo fotografico.

Nella Maddalena un capolavoro tra l’indagine sul tema cristologico ed una visione mistica dell’Oriente si vedono i personaggi non in posa e i protagonisti a margine: a destra la Maddalena in abito bianco e sul vano d’ingresso Cristo in abiti rossi.

Domenico Morelli, La Maddalena,1875, Enrico Gallerie d'Arte, Milano

Altro genere molto amato dai collezionisti europei ma soprattutto americani è il tema del folklore italiano del Centro e Sud Italia considerato un mondo affascinante come quello orientale.

Grande esponente di questo genere era il giovane pittore abruzzese Francesco Paolo Michetti che dipingeva quadri di grandi dimensioni con una freschezza e una verità di colore ammirabili e geniali.

In Processione del Corpus domini a Chieti, un capolavoro del suo tempo, come è stato definito è “una festa per gli occhi”. La processione tema del quadro si percepisce appena soffocata dal colore e con ogni figura che narra un’azione o si mostra indipendentemente nel quadro: dalla madre col bambino, al fuochista, alle suore, alla popolaresca banda musicale, ai bimbi nudi della processione.

Francesco Paolo Michetti, Processione del Corpus Domini in Chieti, 1877, Galleria Beatrice, Palermo
Francesco Paolo Michetti, La matinata,1878, collezione privata

Altro quadro stupendo di Michetti è Mattinata quadro diviso in due parti: in alto il blu e l’azzurro del mare e del cielo in basso la terra ed erba minuziosamente dettagliata dove si trovano donne e uomini che cantano e ballano in abiti tradizionali. Il motore di tutto il quadro è la luce che illumina, definisce, avvampa e brucia.

Telemaco Signorini, Processione a Firenze, ca 1878, collezione privata

Sempre nel genere folkloristico rientra l’opera di Telemaco Signorini La processione a Firenze dove sotto ad ulivi tra le case spiccano i colori variopinti delle persone in processione. Qui si possono notare la pennellata vibrante, l’uso delle macchie d’ombra e questa capacità di rendere l’immediatezza della scena.

Nella seconda sezione si trova un tête-à-tête tra Giovanni Boldini e Giuseppe de Nittis, uomini e artisti diversissimi tra loro e che, tra l’altro, si detestavano amabilmente.

Le due sale ospitano alcuni dei lavori di maggior successo dei due pittori, dipinti ad olio e pastelli che illustrano l’evoluzione della loro poetica e del loro linguaggio dai primi anni Settanta alla metà degli anni Ottanta.

Se pur diversi entrambi hanno un certo parallelismo nelle loro esperienze parigine e londinesi che seguivano le esigenze del mercato, iniziando a dipingere il genere alla Meissonier e Fortuny per poi dedicarsi alle vedute cittadine della Parigi e della Londra moderna.

Boldini maggiormente inserito nell’alta società francese realizzerà anche molti ritratti che lo porteranno pian piano ad una conduzione pittorica più fluida e sintetica ed a una torsione della figura che diverranno un suo marchio di fabbrica. De Nittis si avvicinerà come Manet e Degas all’arte giapponese, diventandone un collezionista e partecipando anche ad alcune dimostrazioni del famoso artista giapponese Watanabe Seitei. Tecniche che De Nittis studierà, rielaborerà e sperimenterà per farle proprie.


Giuseppe De Nittis, Dans les blés, 1873, collezione privata

Questo gusto orientale si può ritrovare nell’opera di De Nittis  Dans les bleis molto vicina anche alle opere degli impressionisti con il campo di grano dorato e i papaveri colpiti dal sole caldo che spunta tra le nubi del cielo. Nella lezione di pattinaggio De Nittis riprende la lezione orientale per la composizione asimmetrica, con le protagoniste non al centro della scena, l’uso di pochi colori, grande contrasto tra la vastità bianca della natura e le piccole dimensioni umane.

De Nittis ritrae la bellezza femminile e la contemporaneità nel Al Bois de Boulogne, il luogo di svago e di incontri alla moda a Parigi dove una donna e un bambino elegantemente vestiti osservano le carrozze che passeggiano nel parco.




Giuseppe De Nittis, La lezione di pattinaggio, ca 1875, Quadreria dell'800, Milano
Giuseppe De Nittis, Al Bois de Boulogne,1873, Fondazione Enrico Piceni, Milano

Giovanni Boldini, Berthe che legge la dedica sul ventaglio, 1878, Enrico Gallerie d'Arte, Milano

Boldini in Berthe che legge la dedica al ventaglio esprime al massimo il gusto á la mode dell’epoca.

Berthe, la sua amante e modella, con lo sguardo abbassato legge la dedica immersa nella domesticità di un ricercato e opulento interno borghese minuziosamente dettagliato. Qui Boldini rende la maestria della sua pennellata nel dettagliare i più minuziosi particolari: l’arabesco della carta da parati, al pianoforte a tavolo con pedaliere sagomato a lira ai fiori ripresi più volte nell’abito della donna.

Il ritratto l’Amazzone è per Boldini un quadro di passaggio dalle opere di genere a opere che ritraggono il contemporaneo e gli permettono di essere più libero nella pennellata. L’opera ritrae l’attrice Alice Regnault nel Bois de Boulogne e a differenza di De Nittis qui si coglie il movimento creato dal cavallo in corsa, al cagnolino che lo segue al paesaggio dalla pennellata libera che scorre dietro alla cavallerizza.


Giovanni Boldini, L' Amazzone, ca.1879, Galleria d'Arte Moderna, Milano
Giovanni Boldini, La Contessa de Rasty seduta sul divano, ca. 1878-79, Gallerie d'Arte, Milano

Il ritorno di Boldini alla ritrattistica si deve anche alla sua relazione con la contessa Gabrielle de Rasty e che lo connetterà con l’alta società francese. In La contessa de Rasty seduta sul divano coglie la contessa col busto in torsione rivolto verso lo spettatore ravvivato solo eccezione del foulard fiorato e dalla fantasia tartan di gran moda all’epoca.

Un fondo nero, senza dettagli, senza elementi circonda la giovane donna, tutto si concentra su di lei, sulla sua bellezza, sulla sua sensualità.

La terza sala è dedicata ad un pittore che arrivò ventenne a Parigi dal grandissimo talento, dimenticato spesso dalla critica in questa sala viene esaltata la bellezza delle sue opere.

Nato a Roma da famiglia di Narni si forma pittoricamente a Napoli dove studierà la pittura dal vero grazie anche alle lezioni del maestro Domenico Morelli.

Una malinconica allegria data dai suoi soggetti preferiti: i saltimbanchi. Una pittura attenta, sofisticata, minuziosa, reale, un poeta, un maestro, interprete di una società lontana sia da quella narrata nelle sale precedenti che da quelle che lo seguono. I suoi scugnizzi, i suoi interni sono poveri e sporchi sono reali, sono vissuti, sentiti e sofferti. La sala ospita alcuni dei capolavori assoluti da lui eseguiti tra Napoli e Parigi dal 1872 al 1878 tra i quali Scolaro con Libri, La lettura, I giocattoli della bambina, Le due bambole, Un pranzo sulla corda e i celeberrimi Il suonatore di violino e Scugnizzo con chitarra. Il genio schivo e sensibile di Mancini però non si adatterà alla frenesia della grande città di Parigi e il suo soggiorno fu breve e faticoso.


Antonio Mancini,I giocattoli della bambina, ca 1875, collezione privata
Antonio Mancini, Lo scolaretto ,1872, Enrico Gallerie d'Arte, Milano


Antonio Mancini, Scugnizzo con chitarra, 1877, Gallerie Maspese, Milano
Antonio Mancini, Un pranzo sulla corda, 1874, collezione privata

Federico Zandomeneghi avrà un rapporto molto lungo e complicato con la Ville Lumière.

Al suo arrivo fu disorientato dalla grandezza e dalla quantità di cose da vedere.

Già nel 1875 frequenta gli artisti del Café de la Nouvelle Athènes in Place Pigalle, ritrovo di letterati, musicisti, critici e di quei giovani artisti indipendenti che, rifiutati al Salon nel 1874, avevano esposto i loro lavori nello studio del noto fotografo Nadar, pseudonimo di Gaspard-Félix Tournachon, gli Impressionisti.

Federico Zandomenighi, Il violoncellista, ca 1882, Enrico Gallerie d'Arte,Milano

Frequentazioni che avrebbero cambiato per sempre la vita e l’arte di Federico Zandomeneghi. In mostra è esposto lo straordinario Ritratto di Diego Martelli presentato da Zandomeneghi alla quarta esposizione impressionista nel 1879, nella Collezione delle Gallerie degli Uffizi, opera ispirata al soggiorno parigino dell’amico critico Diego Martelli. Ammiriamo inoltre Le Moulin de la Galette dalla Collezione della Fondazione Enrico Piceni; Madre e figlia, un dipinto capitale nella produzione dell’artista; lo straordinario Il violoncellista (1882 ca).

La quinta sezione mette a confronto alcune vedute urbane di Parigi e Londra, vere e proprie tranche de vie

delle due popolatissime e vivaci metropoli ottocentesche, capitali dell’arte contemporanea.

Come non ammirare e confrontare la luminosità di la Place de Clichy di Boldini con la uggiosa e misteriosa Westminster immortalata in un giorno di pioggia da De Nittis.

Giovanni Boldini, Place Clichy, 1874, Enrico Gallerie dell'Arte, Milano
Giuseppe De Nittis, Westminster, ca 1878, Courtesy Marco Bertoli, Modena

In una sala di passaggio, quasi nascosta, potremmo dire più riservata, si trovano i nudi.

Soavi esercizi pittorici, leggere pennellate che delineano la meraviglia dei corpi femminili e le interpretazioni e approcci dei diversi pittori al tema.

Le ultime due sale sono dedicate al ritratto e alla bellezza femminile.

La prima è dedicata al livornese Vittorio Matteo Corcos che giunse giovanissimo a Parigi e che nel salotto di De Nittis conoscerà Degas, Manet, Caillebotte e verrà introdotto al mercante Goupil che gli permetterà stabilità economica e fama. Il successo commerciale di Corcos è affidato alle figure femminili all’inizio vicino allo stile di De Nittis ma poi matureranno in uno stile proprio elegantissimo che lo renderà uno dei ritrattisti alla moda.

In sala alcune opere del suo breve ma fondamentale soggiorno parigino: tra esse La farfalla per la prima volta esibito in una mostra, L’inglesina, Ragazza in riva al Lago e il celeberrimo Le istitutrici ai campi Elisi.


Vittorio Matteo Corcos, L'inglesina, 1882, Museo archivio Giovanni Boldini Macchiaioli, Pistoia
Vittorio Matteo Corcos, Le istitutrici ai Campi Elisi, 1892, Collezione Palazzo Foresti, Carpi

Nell’ultima sala non poteva mancare il confronto tra Boldini e Corcos nei ritratti mondani, una tipologia di ritratto molto amata che renderà i pittori ricercatissimi tra i contemporanei e famosi quanto le più alte personalità fermate sulla tela dai loro straordinari pennelli.

La capacità di entrambi i pittori è quello di avvicinarsi con squisita delicatezza al mondo intimo di chi posava per loro e restituirlo con la stessa delicatezza.

In mostra alcuni dei capolavori assoluti, olii e pastelli, del maestro ferrarese tra i quali i ritratti a pastello delle giovani sorelle cilene: Ritratto della Signorina Emiliana Concha y Subercaseaux, il cosiddetto Pastello bianco e Ritratto di Elena Concha y Subercaseaux (1888); opere che per il taglio compositivo e il formato rappresentano una importante svolta nella produzione boldiniana e inaugurano una nuova fortunatissima stagione della ritrattistica del pittore.


Giovanni Boldini, Ritratto di Emiliana Concha y Subercaseaux, 1888, collezione privata
Giovanni Boldini, Ritratto della Contessa Speranza, 1899, Enrico Gallerie d'arte, Milano

Possiamo ammirare il Ritratto della Contessa Speranza colta mentre sta per indossare una cappa in pelliccia di lince sopra uno straordinario abito da sera ricamato con perline e jais; e ancora il Ritratto della signora Josefina de Alvear de Errázuriz (1913 ca), credibilmente l’ultimo dei vari ritratti eseguiti dal pittore alla discendente di un’importante famiglia argentina.

Tra le opere di Corcos sono esposti il ritratto straordinariamente evocativo e monumentale del soprano Lina Cavalieri, l’onirico Anna Belimbau e il meditabondo ritratto neorinascimentale di Lia Silvia Goldmann Clerici.


Vittorio Matteo Corcos, Ritratto di Lia Silvia Goldmann Clerici,ca 1912-1915, collezione privata
Vittorio Matteo Corcos, Ritratto di Lina Cavalieri, ca 1902, collezione privata

Boldini De Nittis et Les Italiens de Paris è una mostra ben ideata che fa respirare lo splendore e le influenze della Bella Époque parigina interpretata nelle opere dei nostri pittori italiani.

 

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