Giulio Paolini: Pietre Preziose
- Romina Rosso
- 14 giu
- Tempo di lettura: 4 min

Pietre Preziose, è una installazione permanente realizzata dall’artista Giulio Paolini nel 2017, riutilizzando elementi architettonici originali della Cappella della Sacra Sindone, capolavoro barocco dell’architetto Guarino Guarini, recuperati dall’incendio che la danneggiò tra la notte del 11 e il 12 aprile del 1997.

L’opera è stata inserita magistralmente all’interno del Boschetto dei Giardini Reali, progettati da Paolo Pejrone, inserendo olmi, tigli e platani che svettano su un’area attraversata da lunghi viali ortogonali e ripartita in grandi aiuole dalla forma regolare, da dove si vede in lontananza la cupola guariniana della Sindone.
I Giardini Reali si sviluppano su una superficie di circa sette ettari, un’area verde urbana unica per valore monumentale e ambientale, nel centro di Torino.
L’opera di Paolini si compone di una pedana di granito chiaro con incastonato un disegno in basalto scuro, che riproduce l’ingrandimento di uno schizzo a mano libera di Paolini rappresentante la struttura della cupola della Cappella della Sindone.
In centro, seduto teatralmente su un cubo bianco, una scultura in resina raffigura un personaggio maschile in abiti d’epoca, con una matita in mano intento a disegnare.
Tutto intorno a questa figura sono posizionate parti di colonne e capitelli originari bruciati della Cappella della Sindone.
Il protagonista ambientato in mezzo alle rovine è una controfigura simbolica dell’Autore: né effigie esplicita del Guarini, né autoritratto dichiarato, è una figura ambigua, tanto antica quanto contemporanea, che si confronta con i reperti di un originale perduto, nobilitati dal titolo “Pietre Preziose”.

Paolini dichiarò: "Qualcuno (l’autore) si trova qui, secoli dopo, a constatare un’architettura in rovina, frammenti caduti e distolti dalla loro collocazione originaria. Noi (spettatori) assistiamo così alla “natura morta” costituita dai resti marmorei della cupola gravemente danneggiata nell’incendio del 1997 ".
Lo stesso artista sottolinea che il titolo, Pietre Preziose, è un titolo “spinto perché paradossale: in realtà queste pietre non sono preziose, prezioso è l’intento che le aveva prodotte e collocate e anche, se posso dire, la configurazione che oggi gli viene restituita. Non sono solo resti ma sono parti di quella architettura originale: il recupero e la disposizione “ad arte” vuole celebrarne l’immortalità”.
L’opera è stata commissionata all’artista dalla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino che ha saputo riconoscere in un cumulo di ruderi danneggiati dal fuoco una materia potenzialmente viva, carica di valenze simboliche, dal forte impatto emotivo e ha affidato questo progetto a un grande artista contemporaneo che ci ha restituito un capolavoro semplice e potente.
Un progetto d’arte che, per le dimensioni dei pezzi movimentati e ripuliti, ha potuto avvalersi di un contributo tecnico di alta qualità, quello della ditta Catella, storica fornitrice di marmi della Casa Reale e ultima, diretta discendente degli antichi maestri comacini, che per secoli furono chiamati ad abbellire le maggiori corti europee.
Giulio Paolini è tra gli esponenti più interessanti dell’arte concettuale italiana.
Nato a Genova ma cresciuto artisticamente nella geometrica Torino, città che aveva ispirato anche Friedrich Nietzsche e Giorgio De Chirico, due personaggi fondamentali per Paolini, specialmente sulla tematica del tempo.
Da Nietzsche prenderà l’idea dell’eterno ritorno e da De Chirico che il tempo è circolare.
La creatività di Paolini è un eterno ritorno, seguendo l’idea di Nietzsche, di questo continuo rincorrersi.
L’opera di Paolini fin dai suoi inizi è un rifacimento, ma un ripetersi che avviene sempre in modo diverso, una circolarità quasi teatrale.
Le sue opere sono come delle mise ensemble, delle riprese in un tempo sospeso: se non c’è una fine non c’è neanche un inizio, non c’è passato o futuro, ma un presente continuo che ci inserisce in un vortice.
La presenza dell’artista nelle sue opere è una presenza eterna che lo rende sempre contemporaneo.
Il visitatore viene inserito ed immerso nella figura stessa dell’artista.
Paolini espone opere che introducono elementi esistenziali, propone una meditazione sul tempo e sull’impossibilità di afferrarlo, interrogandosi sul ruolo dell’arte e sulla figura dell’artista e allo stesso tempo ama destabilizzare le certezze di chi osserva.
Pietre Preziose si ispira in parte all’opera Tre per tre (ognuno è l’altro o nessuno) 1998-99, dove la figura in abiti d’epoca settecenteschi triplica con tre figure maschili apparentemente uguali ma che rappresentano tre momenti e ruoli diversi dello stesso personaggio.

Lo stesso Paolini le descrive così: “Il primo, lo sguardo assente, perduto nel vuoto, è il modello, in posa per un ritratto. Il secondo, simile al primo, è l’autore del ritratto ed è intento a disegnare.
Il terzo, ancora una replica degli altri due, è l’osservatore dell’opera: potrebbe dunque essere l’osservatore del ritratto, tuttora incompiuto, o dell’opera, di questa stessa che stiamo tentando di descrivere e alla quale appartiene.”
I tre personaggi gravitano nello stesso luogo: il luogo dell’opera, ovvero lo spazio dove l’opera ha luogo.
L’ossimoro si crea pensando che l’ospite dell’opera è l’autore, che ospita a sua volta l’osservatore.

Il gesto di osservare e disegnare o disegnare e osservare si ripete come un loop all’infinito.
Paolini si chiede: “Quante e quali sono le immagini chiamate a concorrere alla soluzione dell'enigma? E, prima ancora, di quale enigma si parla? Quale enigma sarà mai risolvibile per immagini se un'immagine è, a sua volta, un enigma?”.
L’artista per Paolini non è fuori dal mondo ma neppure nel mondo.
Siamo spettatori, la sfera dell’arte non comunica direttamente vuole cogliere un eco, una traccia antica dimenticata in grado di riemergere dai giacimenti più remoti della nostra memoria.
L’arte si contestualizza in qualcosa che non ha tempo né luogo, un universo a sé, e la città di Torino è fatta per accogliere il pensiero, un tempo sospeso come un invito di attesa di qualcosa che è enigmaticamente intangibile.
Così guardando l’opera Pietre preziose il nostro sguardo passa dall’artista-osservatore alle rovine di un passato fino alla perfezione della Cupola di Guarini, quasi in un metafisico silenzio, che sembra voler evidenziare il limite dell’atto percettivo, che distingue in questo caso la rappresentazione data dalla figura dell’uomo, dalla realtà data dalla cupola del Guarini visibile sullo sfondo.

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