Visitando la National Gallery di Londra sono sempre stata attratta da un quadro che colpisce per le sue grandi dimensioni (292 x 246 cm) ma soprattutto per il soggetto e per il modo in cui è stato realizzato, questo è il ritratto di Whistlejacket.
Whistlejacket fu un purosangue dal mantello sauro color marrone rossastro con un pedigree che risaliva al primo stallone arabo che giunse in Inghilterra.
Il cavallo nacque nel 1749 nel Castello Belsay nella regione del Northumberland, proprietà del barone Sir William Middleton che gli diede il nome di un medicinale Whistlejacket per il raffreddore a base di gin e melassa.
Whistlejacket fu un cavallo da corsa, benché perse solo quattro volte nella sua carriera, non ottenne mai gli alti livelli di altri suoi contemporanei ma entrò nella memoria popolare perché è citato nella commedia teatrale Ella si umilia per vincere di Oliver Goldsmith dove uno dei protagonisti dice: “ti ho preso un paio di cavalli che voleranno come Whistlejacket”.
Il cavallo venne acquistato dal secondo Marchese di Rockingham e con lui vinse nel 1759 la famosa corsa “4 miglia di York” con un premio di £2,000. Dopo la gara molti riportarono che il cavallo era difficile da controllare per il suo eccessivo temperamento e per questo venne ritirato dalle gare e utilizzato per la monta.
Whistlejacket fu dipinto da George Stubbs un pittore autodidatta con uno spiccato occhio scientifico e grande appassionato di anatomia. Nacque a Liverpool nel 1724 figlio di un conciatore di pelle, lavorò con il padre fino ai 15 anni quando decise di intraprendere la carriera di pittore. Studiò presso il pittore e incisore Hamlet Winstanley che abbandonò presto per disaccordi e si trasferì a studiare da autodidatta a York.
Lì lavorò come ritrattista e studiò anatomia con il chirurgo Charles Atkinson, esperienza che lo aiutò a realizzare nel 1751 le illustrazioni dell’Essay towards a Complete New System of Midwifery (Saggio su un completo nuovo sistema di ostetricia).
Nel 1754 come molti altri pittori inglesi fece il suo viaggio in Italia e quaranta anni dopo su quel viaggio dichiarò ad un amico di averlo fatto “per convincere sé stesso che la natura fu ed è sempre superiore all’arte che sia Greca o Romana, e avendo rinnovato questo suo convincimento immediatamente decise di ritornare a casa”.
Se il viaggio in Italia non lo colpì particolarmente dal punto di vista stilistico lo lasciò però meravigliato e ossessionato alla vista di una scultura greca rappresentante Cavallo attaccato da un leone che Stubbs probabilmente vide nel Palazzo dei Conservatori in Roma nel 1754 ed ora è conservato presso i Musei Capitolini.
Nel 1756 Stubbs affittò una fattoria nel Lincolnshire, e spese diciotto mesi a dissezionare cavalli e a raffigurarli in innumerevoli disegni che formarono il suo libro The anatomy of the Horse (L’anatomia del cavallo).
Il libro fu fortemente voluto da Stubbs per aiutare i pittori a realizzare al meglio la veritiera anatomia dei cavalli ma quando lo portò a Londra per la pubblicazione nessuno volle stamparlo cosicché Stubbs apprese da autodidatta la tecnica dell’incisione e lo pubblicò nel 1766.
Trasferitosi a Londra nel 1759 ottenne importanti commissioni dal Duca di Richmond e da altri nobili soprattutto per ritratti di cavalli e conversation pieces, un termine utilizzato per ritratti di gruppo in contesti informali, molto di moda in Inghilterra nel XVIII secolo, con soggetti intenti a conversare o intenti in altre attività solitamente all’aperto.
Nel 1762 venne invitato a trascorrere diversi mesi a Wentworth House nello Yorkshire, dal secondo marchese di Rockingham appassionato cavallerizzo, scommettitore, amante d’arte, collezionista di sculture e proprietario di uno dei maneggi più grandi con più di 200 cavalli tra cui figurava anche Whistlejacket.
Per Rockingham dipinse Stalloni e cavalle senza uno sfondo (Mares and Foals with an unfigured Background) e Joshua Cobb con Whistlejacket e due altri stalloni (Joshua Cobb with Whistlejacket and two horses) entrambi rivoluzionariamente dipinti senza sfondo.
Nel dicembre di quell’anno ricevette 80 ghinee per l’opera Cavallo selvaggio attaccato da un leone (Horse attacked by a lion), sua ossessione che realizzò in 17 dipinti dello stesso tema, e per “un cavallo a grandezza naturale”, senza dubbio il ritratto di Whistlejacket.
Stubbs aveva dipinto molti ritratti di cavalli con o senza figure ma nessuno era stato dipinto su una tela di queste vaste dimensioni, più adatta per dipinti a tema storico, ma soprattutto quello che fu senza precedente e scioccò i contemporanei fu la completa assenza dello sfondo da lasciarli interdetti sulla finitura o no dell’opera.
Nel concepimento di Whistlejacket probabilmente pittore e committente si sono accordati sulle scelte pittoriche ed entrambi amanti delle sculture e conoscitori dell’arte italiana hanno voluto dare più grandiosità ed eleganza ad un genere molto amato in Inghilterra.
Whistlejacket sicuramente è un’opera finita perché riprende la stessa tecnica di rompere l’uniformità dello sfondo con piccole ombre sui piedi del cavallo che Stubbs aveva già utilizzato nelle altre opere svolte per Rockingham.
La mancanza dello sfondo lo rende sia un cavallo vivo sia un monumento equestre, e il dipinto potrebbe rientrare nella lunga tradizione del paragone, intesa come la competizione tra pittura e scultura.
Essendo senza precedenti la raffigurazione di un cavallo come eroe di un simile monumento, si diffuse la leggenda che Rockingham avesse pensato ad un ritratto equestre di Re Giorgio III lasciando il ritratto del re ad un altro pittore, ma passando all’opposizione politica cambiò idea sul soggetto.
Whistlejacket fu realizzato con un grande realismo dove le differenti sfumature di marrone contrastano fortemente e vengono risaltate dallo sfondo chiaro.
Osservando più attentamente da vicino il mantello del cavallo si possono vedere che le pennellate non sono precise ma sciolte quasi un’esecuzione astratta.
Il cavallo ha la testa rivolta verso lo spettatore, il suo occhio così realistico sembra uscire dalla tela.
La postura di Whistlejacket, in equilibrio sulle zampe posteriori, rappresenta una difficile figura del dressage chiamata levade. Il cavallo deve mantenere una posizione a 30-35 gradi dal suolo che richiede un grande equilibrio e forza muscolare specialmente nelle gambe posteriori che devono reggere tutto il peso.
Stubbs grandiosamente riesce a catturare entrambe la tensione e l’energia spesa dal cavallo.
Stubbs è interessato alla natura interna di Whistlejacket, il suo carattere, il suo essere, ed è quello che ha catturato qui: l’incredibile tensione, energia e sensibilità nel modo in cui il cavallo si erge, l’elettricità nei muscoli tesi, e lo sguardo quasi terrorizzato sul suo volto.
Questo non è un ritratto statico, raffigura un cavallo nel pieno della sua forza, libero da briglie e selvaggiamente sciolto, e maestoso nella sua bellezza regale.
Un aneddoto molto curioso racconta che Stubbs dipingendo all’aperto mentre uno stalliere portava avanti e indietro Whistlejacket decise di togliere il dipinto dal cavalletto e di porlo contro la parete della stalla. Vedendo per la prima volta la propria immagine fissata sulla tela, Whistlejacket pare abbia iniziato a fissare ferocemente il quadro cercando di raggiungerlo e attaccandolo a calci. Allontanando il cavallo con la tavolozza e il bastone del pittore, Stubbs poté così assaporare il sommo tributo al realismo della sua arte: il riconoscimento da parte di un animale.
Il quadro venne acquistato nel 1997 dalla National Gallery per £11 milioni, dopo essere stato esposto come prestito a Kenwood House e alla Tate Gallery.
Stubbs influenzò molto gli artisti contemporanei. Hans Haacke, Jeff Wall e Mark Wallinger si riferiscono direttamente all’artista per le loro opere e Damien Hirst e Berlinde de Bruychere sono sicuramente in debito con la sua arte.
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