Victoria & Albert Museum fino al 8 maggio 2022
Nel Victoria & Albert Museum di Londra è in corso una mostra che è da mesi sold out, dedicata ad uno dei più famosi gioiellieri ed orefici del XIX e inizio del XX secolo: Peter Carl Fabergé.
Nonostante la produzione della Maison Fabergé fu attiva per un periodo breve dal 1882 al 1917, la sua reputazione fu notevole ed internazionale.
Le ragioni della sua fama sono innumerevoli: l’incredibile capacità tecnica, l’istinto di innovazione, un atelier altamente organizzato, artigiani talentuosi e la capacità di trasformare oggetti quotidiani in opere d’arte. L’unicità delle opere di Fabergé deriva dalla combinazione di una larga varietà di fonti dagli oggetti antichi, all’arte orientale, dallo stile Luigi XV all’Art Nouveau.
La maggior parte degli oggetti erano pezzi unici realizzati a mano su designs che non sarebbero stati ripetuti.
Gli antenati di Fabergé erano ugonotti scappati prima a Berlino poi dal XIX secolo, nella provincia baltica della Livonia, allora parte dell'Impero russo.
Figlio del gioielliere Gustav Fabergé, fondatore del marchio Fabergé, Carl studiò gioielleria con suo padre e compì un viaggio in Europa approfondendo i suoi studi a Francoforte, Dresda e Firenze prima di ritornare a San Pietroburgo e prendere il possesso completo della Maison Fabergé.
Nel 1882 nella mostra panrussa Fabergé replicò perfettamente un braccialetto d’oro della collezione dal tesoro di Scizia conservato nel Museo del Hermitage, che gli valse una medaglia d’oro ma soprattutto l’ammirazione dello zar Alessandro III.
Questo fu l’inizio della lunga relazione di Fabergé con la famiglia imperiale russa, che permise al marchio Fabergé di spostare la sua attenzione dai gioielli che gli avevano dato il successo verso quelli oggetti di fantasia per i quali è ancora famoso oggigiorno: le uova Fabergé.
Le uova di Fabergé nacquero nel 1885, quando divenne orafo ufficiale della Corona Imperiale.
L’idea venne dallo zar Alessandro III che voleva regalare a sua moglie, la zarina Maria Feodorovna di Danimarca, un uovo di Pasqua molto particolare per festeggiare i venti anni dal loro fidanzamento ufficiale. Fabergé si mise subito al lavoro e così nacque il primo uovo di Fabergé, prezioso e molto sofisticato:di colore bianco con smalto opaco e, come molte altre uova di Fabergé, con una struttura a scatole cinesi o a matrioske russe.
Dentro c’era un tuorlo d’oro, contenente a sua volta una gallina d’oro che a sua volta racchiudeva una copia in miniatura della corona imperiale con un rubino a forma d’uovo (queste due “sorprese” oggi sono andate perdute). Questa tipo di uovo si pensa sia stato ispirato da un uovo d’avorio appartenente alle collezioni della famiglia Danese del XVIII secolo.
L’uovo simbolo della Pasqua ortodossa era anche simbolo di rinascita e dell’arrivo della primavera dopo i rigidi inverni russi.
La zarina apprezzò talmente tanto il regalo che lo Zar decise di commissionare ogni anno a seguire un uovo, dando completa libertà di design a Fabergé, che creò composizioni sempre più elaborate, ma con l’unica richiesta che ogni uovo contenesse una sorpresa e che ognuno fosse un’unica creazione.
Alla morte dello zar Alessandro III la tradizione fu portata avanti dal figlio, lo zar Nicola II, che dupplicò la commissione non solo per sua madre la zarina Maria Fedorovna ma anche per sua moglie Alessandra.
Si calcola che una cinquantina di uova siano state create fino alla rivoluzione russa del 1917.
La maison Fabergé era organizzata in diversi atelier indipendenti e altamente specializzati e ognuno responsabile della realizzazione di diversi oggetti.
Gli abili artigiani di diverse età provenivano da diverse parti dell’impero russo (con diverse usanze, religioni e lingue) e lavoravano negli stessi tavoli sugli stessi oggetti risolvendo i problemi strutturali e allo stesso tempo apportando innovazione e creatività.
In questi atelier venivano realizzate le straordinarie uova di pasqua ma anche i gioelli, le tiare, gli accessori come orologi, le piccole sculture e le argenterie. Niente veniva accettato dalla maison se non aveva ricevuto il permesso diretto da Carl Fabergé.
L’ultima e la più larga sala della mostra, come da aspettativa, è dedicata al display delle leggendarie Uova pasquali imperiali. E’ il display più vasto di questo genere e molte delle uova sono state mostrate in Inghilterra per la prima volta.
Tra queste sono visibili quelle create da Alma Theresia Pihl.
Alma fu una delle poche donne impiegate a San Pietroburgo in un laboratorio d’oreficeria ma la sua unicità è che fu una delle migliori designer di Fabergé. Appartenente a una famiglia di orefici finnici era la nipote del capo gioielliere August Holmström e del designer Albert Holmström entrambi impiegati in Fabergé.
Alma fu molto precoce come disegnatrice e venne presto impiegata dallo zio nell’Atelier Fabergé dove disegnò gioielli ma divenne famosa per due uova di Pasqua: il Winter Easter Egg del 1913 e Mosaic Easter Egg del 1914.
Il primo uovo il Winter Egg fu realizzato da Alma per la zarina Maria Fedorovna da parte del figlio lo zar Nicola II ed è considerato l’uovo più caro mai realizzato, costato nel 1913 il totale di 24,700 rubli.
L’esterno dell’uovo riprende le forme della brina e dei cristalli di ghiaccio che si formano su un vetro.
È tempestato da 1,660 diamanti, ed è realizzato in quarzo, platino, e ortoclasio. La sorpresa interna è un cestino di fiori tempestato da 1,378 diamanti e realizzato in platino e oro, mentre il legno è realizzato con quarzo bianco e le foglie sono state realizzate in demantoide e i fiori giacciono in un muschio d’oro.
Il Mosaic Egg fu voluto dallo zar Nicola II per la moglie Alessandra nel 1914. Alma Pihl disegnò l'uovo come un mosaico di gemme colorate ispirata dalla luce del camino che attraversava un ricamo che la suocera stava eseguendo. L'uovo è fatto d'oro giallo, platino, diamanti taglio rosetta e brillante, rubini, smeraldi, topazi, zaffiri, granati, mezze perle, pietra di luna, smalto rosa opaco e bianco.
È una delle più originali e tecnicamente sofisticate uova imperiali Fabergé: costituito da una struttura di fasce d'oro giallo che sostiene una griglia di platino nella quale sono montati diamanti e gemme multicolori in modo da formare motivi floreali stilizzati che hanno l'aspetto di un lavoro di ricamo a piccolo punto non completato.
Si tratta di una gabbia di platino, le pietre tagliate e levigate sono perfettamente calibrate per riempire i minuscoli spazi, parte dei quali è stata lasciata vuota per dare l'impressione di un ricamo non finito.
La precisione della tecnica di realizzazione è resa ancora più impressionante dal fatto che il platino è tagliato e non saldato. La sorpresa è un portaritratti che incornicia un medaglione ovale con i profili dei cinque figli dello zar Nicola e della zarina Alessandra.
Nel 1900, Fabergé rappresentò la Russia nell’Esposizione Mondiale a Parigi. La Maison Fabergé fu premiata con una medaglia d’oro ed i maestri orefici di Parigi riconobbero Carl Fabergé come maître orafo. Commercialmente, l’esposizione fu un gran successo e la maison acquisì un gran numero di ordini e clienti.
Quello che distanziò Fabergé dai suoi contemporanei come Cartier o Tiffany, fu la maestria tecnica inarrivabile e il tocco artigianale ed artistico in ogni oggetto anche in quelli di uso quotidiano.
La maison Fabergé si ampliò con filiali a Mosca, Odessa, Kiev e Londra.
Nonostante il successo parigino Fabergé non scelse la capitale francese come sua sede all’estero ma preferì Londra per diversi motivi.
Uno dei motivi principali fu che il re Edoardo VII aveva sposato la Principessa Alessandra di Danimarca sorella della zarina Maria Fedorovna, già collezionista da anni di Fabergé, ma soprattutto perché Londra era la capitale centrale di un impero che accoglieva aristocratici, ereditarie americane, Grand duchi esiliati dalla Russia, Maharajas, finanzieri con ingenti fortune che affluirono nella nuova boutique inaugurata nel 1903, e successivamente spostata nel 1911 nella prestigiosa New Bond Street, per comprare oggetti di extralusso molte volte da utilizzare come doni di scambio.
La collezione reale inglese, per esempio, possiede più di 800 pezzi di Fabergé, molti dei quali erano dei regali che i reali si scambiavano.
Oltre al re Edoardo e la regina Alessandra tra i maggiori collezionisti di Fabergé ci sono anche il re Giorgio V, sua sorella la Principessa Vittoria, sua moglie la regina Maria e successivamente la Regina Madre Elisabetta.
Il re Edoardo VII con la regina Alessandra amavano ritirarsi e svagarsi con la corte nella casa di campagna di Sandringham dove allevano animali da stalla, cavalli e cani.
Questo diede un’ispirazione per la filiale della Maison Fabergé di Londra che si adattò ai gusti più semplici della corte inglese che preferiva la semplicità rispetto al lusso estremo.
Da qui nasce la “Sandringham commission” che erano dei regali da donare alla famiglia reale. La commissione univa la passione per gli animali che erano allevati nella tenuta di Sandringham e il piacere che derivava dalle opere lapidee di Fabergé (il taglio, la pulizia e l’incisione di pietre e gemme). I regali rispettavano anche la richiesta dei reali di non ricevere regali estremamente costosi. Fabergé mando dalla Russia lo scultore Boris Frödman-Cluzel per realizzare i modelli in cera degli animali. I modelli degli animali che comprendevano cavalli, oche, papere, tacchini, cani vennero spediti nel laboratorio di San Pietroburgo dove vennero scolpiti tutti tranne due con pietre dure dal vasto repertorio minerale russo selezionate per i colori da essere il più verosimile possibile con quelli degli animali reali.
Alcuni oggetti erano anche dei mosaici formati dalla combinazione di diverse pietre dure.
Due sculture facevano eccezione perché realizzate in argento e rappresentavano Persimmon lo stallone campione del re Edoardo VII e Vassilka un levriero russo appartenente alla regina Alessandra e donatogli dalla sorella la zarina Maria Feodorovna.
Un’altra opera celebre della collezione è il ritratto del cane preferito dal re Caesar, realizzato in onice bianca con un collare in smalto che reca inciso “'I belong to the King” (“appartengo al re”) replicando quello originale.
Altri oggetti di uso comune realizzati con estrema eleganza e bellezza per esempio erano i portasigarette.
Un esempio è quello creato da Fabergé nel 1908 con linee decorative in oro, ghiglioscé smaltato in blu reale e cosparso di diamanti che formano un serpente che si mangia la sua coda, noto con il nome di uroboro, simbolo dell’amore eterno. Il portasigarette fu commissionato da Alice Keppel, amante de re, che lo donò a Edoardo VII. Nel 1910 alla morte del re la regina lo restituì alla Keppel, seguendo l’usanza di restituire preziosi oggetti di Fabergé a chi l’aveva regalato, come ricordo del defunto re. Successivamente la Keppel lo donò alla regina Maria nel 1936 e tornò a far parte delle collezioni reali.
Nella collezione reale sono presenti molte realizzazioni floreali di Fabergé, 27 delle 80 da lui realizzate, che traggono ispirazione dalla natura, dalle arti orientali e dai bouquets di gioielli del XVIII secolo creati per la corte. Il tempo e le abilità richieste per realizzare questi pezzi sono riflessi nei costi della manifattura di materiali preziosi e sul costo di vendita che era considerevole.
La delicatezza delle opere, l’accurata selezione delle pietre per i fiori, le foglie e gli steli e soprattutto l’utilizzo di un cristallo di rocca che imitava perfettamente un vaso pieno d’acqua, li rendono oggetti unici.
Il periodo d’oro di Fabergé però stava ormai arrivando alla sua fine.
Lo scoppio della prima guerra mondiale bloccò l’edonistica esistenza praticamente di tutti i suoi clienti, rendendo la dispendiosa ricerca della bellezza completamente inappropriata.
In Russia dopo lo scoppio della rivoluzione nel 1917 tutti i suoi negozi furono requisiti dai bolscevichi e trasformati in fabbriche di munizioni, eliminando completamente la loro attività e vendendo quello che era rimasto per finanziare la rivoluzione.
Il negozio di Londra chiuse definitivamente nel 1917.
Peter Carl Fabergé non si riprese mai dallo shock della Rivoluzione Russa e morì da rifugiato, in Svizzera, il 24 settembre 1920.
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