Sandro Botticelli (1445-1510)
Venere
Dipinto olio su tela
1485-1499 ca.
176cm x 77,2 cm
Galleria Sabauda, Torino
Nelle collezioni torinesi è presente una Venere di Sandro Botticelli meno nota al pubblico.
Sandro Botticelli oltre all’iconica e famosa Nascita di Venere della Galleria degli Uffizi realizzò diverse opere con Venere come tema centrale. Già i suoi contemporanei come il mercante fiorentino Antonio Billi testimoniava che il pittore andava eseguendo bellissime donne nude e anche Giorgio Vasari nelle “Vite” confermava quella notizia: “Per la città, in diverse case fece tondi di sua mano, e femmine ignude assai”.
Di queste Veneri ne sono sopravvissute sole tre: una è conservata nella Gemäldegalerie di Berlino, la seconda è conservata in una collezione privata di Lucerna e la terza uscita a metà dell’Ottocento dal palazzo fiorentino Feroni, pervenne a Londra al pastore anglicano Walter Davenport Bromley, successivamente il politico Lord Ashburton la comprò nel 1863 da Christie’s per 100 ghinee e all’inizio degli anni Venti entro nella collezione dell’imprenditore Riccardo Gualino. La collezione Gualino fu concessa nel 1930 a garanzia del debito contratto con lo Stato: una parte entrò nella Pinacoteca Sabauda, l’altra nella Banca d’Italia.
La Venere di Torino entrò così nelle collezioni della Galleria Sabauda, negli anni quaranta del Novecento venne esibita nell’ambasciata italiana di Londra e ancora oggi viene molte volte prestata all’estero come ambasciatrice della cultura italiana nel mondo.
La Venere è un simbolo del suo tempo, del Rinascimento, e per comprenderla appieno bisogna conoscere la parabola artistica del suo artefice Botticelli. Botticelli cresce in una Firenze culturalmente molto viva e segnata all’epoca dal platonismo dell’Accademia Neoplatonica fondata da Marsilio Ficino su volere dei de’Medici.
La caduta dell’impero d’Oriente con Costantinopoli nel 1453 aveva riportato l’attenzione sulla cultura greca con molti intellettuali orientali che iniziarono ad insegnare nelle università italiane ed incisero fortemente sul Rinascimento. Botticelli realizzò la rinascita dello stile greco nella Pittura. Botticelli dipinse con un criterio che egli riteneva fosse stato quello dei sommi pittori greci, Zeusi Parrasio e Apelle, di cui ne parla Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia. Botticelli ha imitato le loro opere solo concettualmente dal momento che nessun’opera pittorica greca è sopravvissuta ma sopravvissero nelle descrizioni e nella pittura vascolare.
Lo stile greco è lineare dove c’è poca profondità ma vivissimo è il senso della figura che sembra come nata per magia. La figura greca è un’apparizione.
Come descrive lo storico dell’arte Claudio Strinati la Nascita di Venere e la Primavera di Botticelli sono un’apparizione, “un’evocazione della mente che crea un mondo che non esiste ed è gravato da un fascino e da una seduzione incredibile”.
Botticelli ha assimilato la lezione neoplatonica anche se non aveva la profondità filosofica del Ficino, le sue opere sono la più vivida testimonianza dell’antico che rinasce nell’arte.
Rinascita e vitalità che purtroppo finirà con la morte di Lorenzo de’Medici e la condanna dell’arte e della gioia della vita Rinascimentale di Girolamo Savonarola sostenitore di un misticismo più devoto che causerà una grossa crisi a Firenze e una crisi spirituale anche nel Botticelli.
Le tre Veneri di cui fa parte quella della Galleria Sabauda di Torino riprendono il modello della Venere pudica che dopo il bagno nasconde con le mani il seno e il pube, modello greco presente nella statuaria come la Venere de’ Medici scultura greca del I secolo A.C.
Le tre Veneri sono decontestualizzate e si stagliano su uno sfondo scuro e poggiano i piedi su un basamento di pietra riprendendo appunto la statuaria classica.
Confrontando le tre Veneri si possono vedere le diverse varianti in esse.
Quella della Gemäldegalerie di Berlino, proporzionalmente più rotonda rispetto a quella di Torino, ha i capelli biondi sciolti che le scendono avvolgendole la spalla sinistra e le coprono le nudità con più morbidezza.
Gli storici sono in contrasto sugli interventi di Botticelli e quelli della sua Bottega.
La Venere di Lucerna si discosta per qualità e per soggetto rispetto alle altre due. Il seno è completamente scoperto, perché entrambe le mani incorniciano i fianchi e sorreggono un panno trasparente che avvolge le gambe fino ai piedi, e scende lungo il lato destro. Al centro della stoffa, a coprire la nudità, vi è un mazzo di fiori e foglie. L’opera sembrerebbe opera della bottega del Botticelli che non raggiunse mai la qualità del maestro.
La Venere di Torino è quella che presenta una qualità e una precisione nei dettagli più vicina alla mano diretta del Botticelli. Nel 1926 nel catalogo della collezione Gualino, il critico d’arte Lionello Venturi sosteneva che la Venere di Torino non si trattasse di una copia derivata da quella di Firenze quanto piuttosto un’idea o uno studio per la sua realizzazione.
La Venere di Torino come una ninfa della mitologia greca ha una veste trasparente che dona armonia ed eleganza al corpo sinuoso. La grazia, i giochi chiaroscurali e i contorni marcati sono caratteristici della pittura del Botticelli che si riflettono in questo dipinto. La capigliatura più scura e raccolta la distacca dalla versione di Berlino. Una perla ne orna la fronte, collocata al centro della scriminatura dei capelli, forse a ricordare la valva di conchiglia in cui altrove la dea era stata immaginata.
Tramite lo studio a infrarossi è stato possibile vedere i tratti del disegno di Botticelli che evidenziano dubbi e ripensamenti nel trovare la giusta posizione delle mani, dei piedi, delle ginocchia nella definizione degli arti e i tratti rimarcati dell’ovale del volto.
Nei tratti del volto dolce e malinconico si è pensato di riconoscere il volto di Simonetta Cattaneo Vespucci.
Simonetta Cattaneo nasce a Genova (o, secondo altre fonti, a Portovenere nelle Cinque Terre) il 28 gennaio 1453 dal nobile Gaspare, procuratore del Banco di San Giorgio, e da Cattochia Spinola. Da bambina accompagnò i genitori in esilio a Piombino dove conobbe il suo futuro marito il banchiere Marco Vespucci, cugino di Amerigo Vespucci, molto vicino ai de’Medici, la famiglia più ricca, più colta e potente di Firenze.
Trasferitasi a Firenze con il suo sposo, la sua bellezza, la leggiadria, una grazia e una tale gentilezza di modi ed eleganza nel portamento la portano a conquistare immediatamente il favore e la simpatia di tutta la popolazione. Angelo Poliziano definì Simonetta “la bellezza immortale”. Simonetta riunisce in sé bellezza, dolcezza e intelligenza e conquistò il gotha di Firenze tra cui Giuliano de’Medici.
Questo amore cortese è conosciuto da tutti a Firenze e Giuliano nel Torneo di Santa Croce del 28 gennaio 1475 si presentò con uno stendardo del Botticelli che raffigurava Simonetta come Atena e il motto “La Sans Par” (La senza pari). Botticelli la raffigura insieme a Giuliano anche nella Venere e Marte della National Gallery di Londra e nella Primavera degli Uffizi. Purtroppo Simonetta morì a soli 23 anni per tisi un anno dopo il famoso torneo il 26 aprile 1476 e Giuliano morì due anni dopo nella congiura dei Pazzi il 26 aprile 1478.
Sandro Botticelli ne fa la sua musa ispiratrice anche se quasi certamente non gli ha mai fatto da modella e non ha mai posato per lui ma poteva ammirarla tutti i giorni perché la sua Bottega si trovava a pochi metri dal Palazzo dei Vespucci a Firenze.
Quando Botticelli dipinge la Nascita di Venere nel 1485, Simonetta era morta da nove anni, ma l’artista conservava ben scolpite nella mente le sue angeliche sembianze.
È probabile che lo stesso Botticelli nel suo intimo fosse innamorato perdutamente di lei: coltiverà, infatti, fino alla fine dei suoi giorni un sentimento di profonda devozione e quasi venerazione tanto che prima di morire chiederà espressamente di essere sepolto ai piedi della più bella del mondo, un desiderio che verrà esaudito nella Chiesa di Ognissanti a Firenze.
Confrontando la Venere di Torino con alcuni ritratti di Simonetta Vespucci eseguiti dal Botticelli quello intitolato La bella Simonetta conservato nella collezione Marubeni di Tokyo, quello di Simonetta Vespucci come Ninfa del museo Städel di Francoforte e una delle tre Grazie nella Primavera degli Uffizi si possono notare alcuni dettagli interessanti che riguardano la capigliatura.
Tutte le donne hanno tra i capelli una o più perle simbolo collegato a Venere nata dalle acque del mare. Quello che colpisce di più è la complessa acconciatura fatta di trecce di capelli, trecce di perle e capelli sciolti motivo che era chiamato Vespaio quindi un riferimento al suo cognome Vespucci.
Tutti questi sono ritratti ideali di Simonetta che non si sarebbe mai presentata in pubblico con capelli cosi poco ordinati quindi è più un’evocazione della mente di Botticelli.
Nella Nascita di Venere Botticelli rappresenta in modo ideale il mito della nascita della dea della Bellezza e dell’Amore una delle più ammirate nell’antichità classica. L'opera nasconde un'allegoria neoplatonica basata sul concetto di amore come energia vivificatrice, come forza motrice della natura intesa come bellezza spirituale che rappresenta la purezza, la semplicità e la nobiltà dell'anima.
Contrariamente al titolo con cui l'opera è nota, essa non raffigura la nascita della dea, ma il suo approdo sull'isola di Cipro.
Venere avanza leggera fluttuando su una conchiglia lungo la superficie del mare increspata dalle onde, in tutta la sua grazia ed ineguagliabile bellezza, nuda e distante come una splendida statua antica.
Simonetta Vespucci secondo molte fonti nacque nella villa della famiglia a Porto Venere, nome che deriva dal tempio dedicato alla dea Venere Ericina, che sorgeva sul luogo stesso su cui oggi è la chiesa di San Pietro.
La dedica a Venere era probabilmente legata al fatto che, secondo il mito, la dea era nata dalla spuma del mare, abbondante proprio sotto quel promontorio.
La nascita di Simonetta a Porto Venere richiamò immediatamente alla mente del Botticelli la nascita di Venere: la dea mitologica e la dea terrena.
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