National Gallery - Londra
3 ottobre 2020 - 24 gennaio 2021
La National Gallery ha presentato la prima mostra monografica nel Regno Unito dedicata interamente ad una pittrice non contemporanea: Artemisia Gentileschi.
Questa incredibile mostra espone alcuni dei capolavori di Artemisia che mostrano al pubblico la sua grande abilità e capacità di artista straordinaria con una carriera importante sviluppatasi in diverse città: Roma, Firenze, Venezia, Napoli e Londra.
Per molti anni Artemisia è stata sotto l’ombra di Caravaggio, e del suo famoso padre, Orazio Gentileschi.
Il suo talento fu riconosciuto durante la sua vita ma fu successivamente in gran parte dimenticato fino al ventesimo secolo.
Nel 1976, un periodo nel quale il Movimento d’Arte femminista stava guadagnando supporto e slancio, le opere di Artemisia furono incluse nella prima mostra internazionale formata interamente da opere di artiste professioniste. La mostra curata dalle docenti e studiose Ann Sutherland Harris e Linda Nochlin, includeva 83 artiste da 12 diversi paesi.
Artemisia divenne il simbolo della capacità delle donne di superare le difficoltà della vita con coraggiosa creatività.
Il nome di Artemisia ebbe anche il suo posto nell’installazione The Dinner Party (11974-76), dell'artista femminista statunitense Judy Chicago, considerata la prima opera femminista “epica”, si presenta come una storia simbolica delle donne nella civiltà.
Le artiste italiane barocche del XVI e XVII secolo hanno accresciuto la loro popolarità negli ultimi anni, con una mostra dedicata a Sofonisba Anguissola e Lavinia Fontana al Prado lo scorso anno, e la scorsa primavera una mostra agli Uffizi sulle opere di Giovanna Garzoni.
Questa mostra su Artemisia è anche un punto di svolta con importanti scoperte sia pittoriche che documentali.
Una delle opere principali nella mostra è un recente quadro di Artemisia riscoperto e acquistato dalla National Gallery nel 2018: L’autoritratto come Santa Caterina D’Alessandria (1615-17 ca).
Il direttore della National Gallery Gabriele Finaldi su Artemisia dichiarò: “Nel mondo dell’arte del XVII secolo dominato da uomini mecenati e pittori, Artemisia trovò un modo per far sentire la sua voce, per avere un successo autonomo, e riuscì ad ottenere questo attraverso il suo straordinario talento, la sua straordinaria inventività ma anche attraverso intelligenti connessioni con i mecenati e i suoi sostenitori.”
La prima sala della mostra presenta alcune delle sue prime opere come Danae e Cleopatra ma il capolavoro che attira tutta l’attenzione è un’opera che lei ha dipinto e firmato a soli 17 anni, Susanna e i vecchioni.
Questo episodio biblico dei due vecchioni che cercano di spaventare Susanna mentre fa il bagno con allusioni sessuali, era un soggetto comune nel rinascimento ma Artemisia da una piega nuova e unica al tema.
Per gli altri artisti questo tema era un’occasione per dipingere un nudo femminile, ma Artemisia era interessata all’aspetto psicologico dell’episodio. C’è un reale senso di intrusione in quest’opera.
Susanna appare realmente inorridita dai due vecchi che invadono la sua privacy. Il suo corpo è contorto in una non confortevole posizione, non vi è nessun atteggiamento sensuale per lo spettatore. Lo spettatore deve identificarsi con la protagonista, non con i vecchioni.
Artemisia nacque a Roma nel 1593, perse la madre a 12 anni, e suo padre Orazio Lomi Gentileschi, anch’egli pittore, la formò nel suo studio all’età di 16 anni.
Nel 1611, Orazio stava lavorando con un altro pittore Agostino Tassi alla decorazione di Palazzo Pallavicini-Rospigliosi a Roma.
Un giorno di maggio, Tassi visitò la casa di Orazio e trovando sola Artemisia la violentò.
Orazio accusò Agostino Tassi di aver violentato sua figlia ed iniziò nel 1612 un processo nel Tribunale papale.
Nella mostra è possibile vedere la trascrizione originale del processo nel quale riporta come Artemisia volontariamente accettò di essere torturata per provare che non si era inventata il mostruoso attacco del Tassi.
Alla fine del processo Tassi fu condannato con l’esilio da Roma, ma la condanna non fu mai applicata.
Questa traumatica esperienza ha definito Artemisia come artista e donna.
Un mese dopo la fine del processo, Orazio organizzò il matrimonio della figlia con Pierantonio Stiattesi, un modesto artista di Firenze. Poco dopo il matrimonio la coppia si trasferì a Firenze.
I sei anni trascorsi a Firenze furono decisivi per la sua vita privata e professionale.
Artemisia ebbe cinque figli, benché solo Prudenzia sopravvisse in età adulta, e divenne una pittrice di corte di successo firmando le sue opere come Artemisia Lomi.
Ampliò la sua educazione e il suo apprendimento delle arti e fu la prima donna ad essere accettata nell’Accademia del Disegno di Firenze. Questo le permise di conoscere i più eminenti pittori del suo tempo, di vincere i favori e la protezione di persone influenti e di diventare conoscente di persone famose come Galileo Galilei o Michelangelo Buonarroti il Giovane.
In questo periodo per evitare la scomodità e i costi delle modelle e per promuovere se stessa realizzò diversi autoritratti come Autoritratto come martire, Autoritratto come suonatrice di liuto, e la recente acquisizione della National Gallery Autoritratto come Santa Caterina d’Alessandria.
Artemisia comprese che la rappresentazione di figure bibliche o mitologiche in abiti contemporanei era una caratteristica dello spettacolo della vita di corte. Questi temi non erano nuovi per l’epoca ma la forza, la passione, la vulnerabilità delle sue eroine sono rese con un realismo e approfondimento psicologico senza pari. I collezionisti sensibili al fascino di una pittrice famosa, sono attratti dalle sue opere pervase di violenza e nudi femminili proprio perché dipinte dalla mano di una donna: un vantaggio di non trascurabile portata, di cui Artemisia è ben conscia.
Eccellente maestra di composizione, colore e linee era anche una straordinaria narratrice con stupefacente capacità di cogliere l’intimità dei suoi personaggi traducendo su tela emozioni e azioni con una spettacolare complessità visiva in grado di rapire e turbare lo spettatore.
In questa bellissima sala sono riuniti alcuni dei suoi capolavori fiorentini come le due versioni di Giuditta che decapita Oloferne (Museo e Real Bosco Capodimonte Napoli e Galleria degli Uffizi Firenze) e Giuditta con la sua ancella (Palazzo Pitti- Firenze).
Entrambi le versioni di Giuditta che decapita Oloferne sono opere di una scioccante violenza. Non è solo il brutale atto della decapitazione ma lo sforzo fisico svolto per questo compito dalle due donne e i dettagli del sangue spruzzato sulle lenzuola e sul bellissimo vestito di Giuditta.
Le tre figure sono sofisticate, come il suo uso del chiaroscuro, il contrasto esagerato tra luci e ombre, che apporta quel dramma e atmosfera che si addice per presentare le figure femminili in una nuova luce: indipendenti, forti e determinate.
Nel dipinto Giuditta con la sua ancella con una cesta contenente la testa di Oloferne è basato su un quadro precedente del padre ma Artemisia mostra più pathos e dramma anche nei piccoli dettagli come il pomello della spada dove si può vedere un volto che urla a ricordo della brutale morte di Oloferne.
Dopo aver lasciato Firenze, Artemisia si trasferì a Roma e poi a Venezia quando, all’età di 37 anni, abbandonò la città a causa di un eccezionale e virulenta epidemia delle peste.
Viaggiò a sud fino a Napoli, all’epoca la più grande città d’Italia, seconda solo a Parigi in Europa, e parte dell’impero Spagnolo, probabilmente invitata dal Duca di Alcalá, Fernando Enriquez Afan de Ribera, viceré di Napoli.
Le opportunità per gli artisti a Napoli erano infinite come questa tela di grande dimensione l’Annunciazione di Capodimonte, firmata Artemisia Gentileschi. probabilmente dipinta poco dopo essere arrivata nella città partenopea.
Le opere di Artemisia erano così a grande richiesta che poté aprire un proprio studio con grande successo.
Sua figlia, Prudenza, anche lei pittrice, probabilmente era tra i suoi assistenti.
A Napoli scrisse un gruppo di lettere importanti al nobile e collezionista siciliano Don Antonio Ruffo nel quale difendeva il valore e l’importanza del suo lavoro: “Farò vedere a Vostra Signoria Illustrissima quello che sa fare una donna” e in un’altra lettera: “con me Vostra Signoria non perderà e troverà lo spirito di Cesare nell’anima di una donna”.
A Napoli ebbe molte commissioni pubbliche e private in grande scala come La nascita di San Giovanni Battista (per il re di Spagna), Betsabea al bagno, Lot e le sue figlie, Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne e Susanna e i vecchioni. In questi dipinti Artemisia dimostra la sua capacità camaleontica di adattarsi alle novità e allo stile del periodo, di maneggiare diversi soggetti e di ricreare in modo completamente differenti soggetti già trattati diverse volte, dandogli un nuovo punto di vista e creatività.
Molti di questi dipinti erano delle collaborazioni: utilizzava specialisti per le architetture e i paesaggi.
L’ultima sala della mostra è dedicata al suo periodo inglese. Nel 1638, Artemisia fu invitata da Carlo I a Londra, dove si riunì a suo padre Orazio che era diventato pittore di corte della Regina Enrichetta Maria e ricevette l’importante commissione di decorare con l’Allegoria del Trionfo della Pace e delle Arti il soffitto della Queen’s House in Greenwich (adesso collocato in Marlborough House).
La curatrice ha disposto insieme due opere Giuseppe e la moglie di Potifar di Orazio e Esther prima di Assuero di Artemisia, mostrando le connessioni e le differenze. Orazio è perfetto e puro nelle linee ma statico nelle figure mentre l’opera di Artemisia è vigorosa, drammatica e piena di dramma.
La mostra termina con il bel Autoritratto come allegoria della Pittura (Collezioni Reali Inglesi). Artemisia si dipinge al lavoro, con il pennello a mezz’aria, e nell’altra mano la paletta, indossando un camice marrone sul delicato vestito verde di seta con le maniche rimboccate a mostrare le braccia muscolose.
La vivida pennellata riflette l’energia del pittore ispirato al lavoro.
L’artista si appoggia su una pietra usata per i colori, nella quale sul bordo mette le sue iniziali A.G. e una F per fecit (fece).
Artemisia segue le regole sull’Iconografia di Cesare Ripa dipingendo l’Allegoria della Pittura come una giovane donna con capelli neri e una collana con una maschera, simbolo dell’imitazione.
In questo ritratto Artemisia fonde due tradizioni visive, quella dell’autoritratto e quella dell’allegoria della Pittura, una cosa che solo una pittrice poteva fare.
Artemisia Gentileschi fu una artista dotata di un dono unico e la National Gallery con questa squisita mostra sta ridando il giusto posto che le spetta tra i più grandi pittori del passato.
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