Anish Kapoor è riconosciuto internazionalmente come uno dei più importanti scultori britannici. Nato a Bombay nel 1954, si trasferì a Londra a 19 anni per studiare arte nel Hornsey College of Art e successivamente nella Chelsea School of Art and Design.
Fu insignito da numerosi premi internazionali. Nel 1990 ricevette il Premio Duemila, alla Biennale di Venezia dove rappresentava la Gran Bretagna, nel 1991 vinse il Turner Prize, il più importante premio artistico in Gran Bretagna, assegnato dalla Tate Gallery, nel 2011 il Premio Imperiale, una prestigiosa onorificenza giapponese assegnata dalla Japan Art Association, considerato il Nobel dell’arte e nel 2017 Kapoor, che è ebreo, ricevette il Genesis Prize, premio che riconosce il valore delle eccellenze internazionali in specifici campi ed rappresenta i valori della comunità ebraica e dello Stato di Israele.
Anish Kapoor, uno degli scultori più influenti della su generazione, divenne famoso per le sue immense e piccole sculture, pubbliche e private, capolavori nella forma e proprie opere di ingegneria.
L’artista nelle sue sculture e installazioni richiama sempre il coinvolgimento sensoriale dell’osservatore, in una dimensione percettiva che ha come scopo quello di giocare con i sensi ed alterare lo spazio.
Pieno e vuoto, concavo e convesso, esterno e interno, cielo e terra: le sue sculture sono astratte e concettuali, spesso enigmatiche. Le forme si rovesciano, i materiali non sono dipinti ma impregnati nel colore, come a negare l’idea di una superficie esterna, invitando l’osservatore a una immaginazione interna.
Kapoor inizia la sua carriera negli anni Ottanta con sculture geometriche e biomorfe usando materiali semplici come granito, calcare, marmo e pigmenti ed intonaci monocromatici e saturi per definire e permeare le forme.
Nascono così le serie a Thousand Names o Mother as a Mountain. Le forme sembrano emergere parzialmente dal pavimento come icerbergs ricoperte da colori saturi che cadono nel pavimento come semplici polveri e pigmenti.
L’ispirazione delle forme verrebbe da un viaggio compiuto in Giappone dall’artista che venne in contatto con l’estetica delle forme dei giardini zen giapponesi intrisi di conoscenza e purezza dove una pietra non rappresenta solo una pietra. I colori saturi invece sono parte del suo background induista e dalle montagnole di colori puri visti all’esterno dei templi induisti. Il colore rosso è simbolo di vita (utero materno) e morte (luogo di sepoltura) e insieme danno un senso di eternità e di mistero nelle sue opere.
Alla fine degli anni Ottanta e inizi degli anni Novanta il suo lavoro si concentra sulla materia e non materia, le sue sculture sembrano allontanarsi alla distanza, sparire nel pavimento o si distorcersi nello spazio intorno a loro. Gioca con il dualismo cielo-terra, materia-spirito, luce-tenebra, visibile-invisibile, coscienza-incoscienza, uomo-donna e corpo e mente.
Il suo lavoro lo porta a rivedere e analizzare il mito della caverna di Platone e l’oscurità nella sua opera Descent into limbo, opera che consiste in un buco profondo di 2,5 metri nel pavimento colorato di un nero molto scuro che può apparentemente sembrare una superficie nera piatta dipinta sul pavimento.
Kapoor descrive il suo interesse per cavità e spazi vuoti in termini di “sensuale incertezza”, che fanno emergere una serie di forze entrambe esterne e interne, fisiche e inconsce.
Dal 1995 iniziò a lavorare su superfici di acciaio inossidabili altamente riflettenti che danno l’effetto dello specchio e rispecchiano e distorcono gli spettatori e gli spazi che riflettono.
Nel 2014 realizzò la serie Sky Mirror, consiste in enormi specchi che vengono collocati all’esterno e rivolti verso l’alto. Anche in questa serie Kapoor stravolge la visione dello spazio circondante e lo spettatore portandoli a percepire il cielo che scende verso la terra. Essendo l’opera posta all’esterno e soggetta alle condizioni atmosferiche la sua riflessione cambia costantemente rendendola un’opera continuamente in progresso. In tutte le paradossali e armoniose contraddizioni, Sky Mirror esemplifica la capacità di Kapoor di provocare pensieri esistenziali e visioni da sogno. La scala della sua opera sembra grande abbastanza da incapsulare quello che è inafferrabile, insondabile, enormemente distante: la vastità del cielo.
L’opera più famosa di Anish Kapoor si trova a Chicago nel Millennium Park ed è divenuta una delle attrazioni della città, si intitola Cloud Gate ma è conosciuta come “The Bean” (il fagiolo) ed è stata realizzata fra il 2004 e il 2006. Lunga venti metri e alta dieci per 124 tonnellate di peso, questa scultura è ispirata al mercurio liquido ed è realizzata in acciaio inossidabile lucidato perfettamente a specchio. Chicago è la città perfetta per il Cloud con i suoi repentini cambiamenti climatici e permette di riflettere il cielo, i grattacieli e le persone deformando ogni cosa e regalando una visione mutevole e alterata della realtà.
A 10 anni dalla sua realizzazione Cloud Gate è stata oggetto di un curioso esperimento.
Nel febbraio 2016 Anish Kapoor ha acquisito, in esclusiva per l’ambito artistico, i diritti di utilizzo del Vantablack, un materiale innovativo, la sostanza più scura conosciuta, capace di assorbire il 99,9% della radiazione luminosa, e annulla l’aspetto volumetrico delle superfici facendole apparire piatte e bidimensionali. Kapoor che appunto è l’unico artista al mondo a poter utilizzare questo materiale, ha subito voluto sperimentare il nero assoluto proprio su Cloud Gate, dipingendo temporaneamente la scultura per trasformarne radicalmente l’aspetto e l’essenza, dando l’impressione di guardare un buco nero.
Questo trasmette un senso di introspezione, di disorientamento, persi e avvolti nel vuoto opprimente del nulla.
In questi anni Kapoor si spinge in più complesse manipolazioni della forma e dello spazio con installazioni di enormi dimensioni.
Nel 2002 realizzò l’opera Marsyas lunga 150 e alta 10 metri nella Turbine Hall della Tate Modern.
Kapoor utilizzò la lunghezza dello spazio per collocare tre anelli di acciaio tenuti insieme da una membrana di PVC (cloruro di polivinile). Il titolo dell’opera è riferito a Marsia, un satiro della mitologia greca, che fu scorticato vivo da Apollo. Il colore rosso scelto si rifà alla parte fisica terrena del corpo.
Nel 2011 al Grand Palais di Parigi è stata presentata una delle opere più imponenti e monumentali di Anish Kapoor. Leviathan con i suoi 35 metri di altezza è una gigantesca installazione immersiva che anche solo per le sue dimensioni è capace di emozionare e intimorire. Kapoor descrisse il suo lavoro come: “Un unico oggetto, un’unica forma, un unico colore… La mia ambizione è di creare uno spazio dentro uno spazio che risponda all’altezza e alla luminosità delle navate del Grand Palais. I visitatori saranno invitati a passeggiare dentro l’opera per immergersi nel colore e ciò sarà, io spero, un’esperienza contemplativa e poetica.”
Il nome simbolico scelto per quest’opera, Leviathan, fa riferimento alla tradizione biblica, che identifica il Leviatano come un gigantesco mostro marino dalle immense proporzioni e dalla spaventosa potenza.
Nel 2012 realizzò l’opera più grande presente in Gran Bretagna e ricordo permanente delle Olimpiadi e Paraolimpidi di Londra 2012. L’opera sita in Stradford tra l’Olympic Stadium e il Centro Acquatico è intitolata l’ArcelorMittal Orbited è una torre di osservazione alta 115 metri.
La struttura d'acciaio, progettata da Anish Kapoor e Cecil Balmond, è stata realizzata in parte con fondi dell'azienda Arcelor Mittal, ed è ispirata alla forma del dna ed è una spirale che il visitatore percorre fino alla cima.
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