Il molo di Trinity Buoy è un luogo speciale nella parte est di Londra alla confluenza del Tamigi con il Bow Creek l’estuario del fiume Lea, nella penisola di Leamouth. È anche la sede dell’ultimo faro presente nella città di Londra utilizzato dallo scienziato Michael Faraday per i suoi primi esperimenti sulla luce elettrica nei fari marittimi.
La corporazione della Trinity House fu stabilita nel XVI secolo e fin da quell’epoca è stata la famosa compagnia addetta ai fari marittimi in Inghilterra, Galles, le isole del Canale della Manica e Gibilterra.
Trinity House è anche responsabile per la provvigione e mantenimento di altri mezzi di navigazione, come le navi-faro, le boe, e i sistemi di comunicazioni marittimi quali radio e satelliti.
Trinity House ha il suo quartiere principale in un bellissimo edificio nella City progettato da James Wyatt nel 1798, ma stabilì a fianco del Tamigi in Trinity Buoy le sue officine e magazzini nel 1803.
Nel 1869, Trinity House organizzò uno stabilimento ingegneristico nel molo di Trinity Buoy per riparare e testare le nuove boe in ferro che erano entrate in uso.
In 1998, Trinity Buoy smise la sua funzione di molo e rimase un sito vuoto e abbandonato.
Dopo un cauto restauro e riplasmazione, Trinity Buoy ha mantenuto il suo carattere mentre offre nuove, sostenibili e moderne strutture realizzate con dei container.
Oggigiorno è un luogo con strutture adibite a studio per gli artisti e musicisti, sede della Royal Drawing School, spazio lavorativo per aziende che lavorano sui trasporti fluviali, sede di scuole, sede di spazi interni ed esterni per eventi artistici e per altri eventi quali conferenze, matrimoni e presentazione di nuovi prodotti.
Il molo di Trinity Buoy è una zona di ispirazione all’interno della zona portuale di Londra, animata di creatività e di artisti.
Lo spirito creativo, poetico e immaginativo di Trinity Buoy e da attribuire gran parte alle opere d’acciaio dell’artista Andrew Baldwin. Formatosi come fabbro e saldatore lavorò in questo settore per 28 anni.
Il suo interesse per l’ingegneria di epoca Vittoriana, la sua illimitata immaginazione e la sua abilità nel lavorare il metallo sono quello che l’hanno motivato a creare le sue eccentriche e cinetiche sculture.
La scultura cinetica, è un’arte creata con diversi mezzi che contiene il movimento visibile allo spettatore o dipende dal movimento per i suoi effetti.
Nel Ventesimo secolo l’uso del movimento, l’arte cinetica, divenne un importante aspetto della scultura con artisti come Naum Gabo, Marcel Duchamp, László Moholy-Nagy, Alexander Calder e Nicholus Takis.
Lo scopo degli artisti cinetici è di creare il movimento come parte intrinseca delle loro opere e non come parte che crea movimento ad un elemento statico.
Le opere di Andrew Baldwin sono prevalentemente sculture cinetiche.
Artista residente nella città di Sandwich, ha una grande connessione con la parte est di Londra e specialmente con Trinity Buoy dove ha differenti opere collocate permanentemente in esibizione.
A gennaio ha anche presentato una mostra personale a Trinity Buoy dal titolo “Andrew Baldwin: Random Stories In Metal” (09 gennaio 2021 - 22 gennaio 2021).
La mostra è una collezione ecclettica di pezzi, ognuno con la sua storia ed ispirazione, illuminati con un diverso arrangiamento di luci colorate ed ha come sfondo una stupefacente vista sul Tamigi.
La prima opera è intitolata Lerwick Horn, una scultura alta 2.70 metri di un nautofono prefabbricato da un miscuglio di acciaio dolce e inossidabile ed è collegato tramite un bottone a un motore elettrico. Premendo il bottone verde il nautofono emette un rumore dalle note profonde.
Il nautofono è un avvisatore nautico, consistente nell'emissione di segnale sonoro composto da una nota singola, da utilizzarsi in mare in caso di nebbia o scarsa visibilità. Questo riporta alla memoria dell’artista le condizioni offuscate dalla nebbia che incontrò a Lerwick mentre navigava verso il Mare del Nord con lo yacht costruito da lui medesimo e chiamato Scary Mary 1.
L’amore per oggetti marittimi è possibile osservarlo in altri dei suoi lavori come nei due fari marittimi copie di quello presente a Trinity Buoy, o nel bizzarro pesce Fish aqua gill rappresentato quasi nello stile steampunk, e nel delfino che pedala su una bicicletta su una corda da acrobata (Dolphin that rides a bicycle across a tightrope).
Il delfino di dimensioni umane o leggermente più grandi fa l’equilibrista pedalando su una catena.
L’artista disse che gli venne l’idea dopo un viaggio in mare nel quale ebbe una grande tempesta e dal momento che non aveva potuto mangiare per diverso tempo iniziò ad avere allucinazioni mentre vedeva in mare molti delfini.
L’opera Houses (case), è una scultura che si apre rivelando diverse tipologie di abitazioni. Quest’opera fu ispirata dal taglio dei fondi per le associazioni benefiche per i senzatetto che seguì la crisi economica del 2008.
Uno delle opere più affascinanti e quasi surrealista è London taxi with a metal apple tree, è un tradizionale taxi nero londinese con un albero di mele in metallo che cresce e fuoriesce dal suo tetto. L’opera originariamente commissionata per Orchard Place è stata poi trasferita a Trinity Buoy e collocata sul tetto della caffetteria che si trova all’ingresso del molo.
Le figure umane fanno anche parte delle sue opere. Nell’entrata del molo due belle figure femminili reggono una scala metallica, un’altra opera è una macchina che da un busto femminile metallico ne modella uno in legno, e l’ultima macchina è composta da due cerchi dove si scompongono e si riunificano parti del corpo della Donna Vitruviana (Vitruvian Woman).
Un altro soggetto interessante che affascina il pittore è il volo e tutto quello che è connesso con l’ornitottero, un aeromobile a superficie alare battente.
Nella sua scultura Angelo (The Angel), una donna angelo vola sbattendo le sue ali.
La sua idea del volo e delle ali torna nella sua opera Dedalo e suo figlio (Daedalus & Son), un’enorme struttura d’ali, caratteristica del famoso mito dal quale emerge come simbolo l’arroganza umana e il coraggio di osare. Usando le parole del poeta Atticus in Love her wild: “Aveva paura del vuoto ma si buttava comunque perché aveva molta più paura di non volare”.
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